C’è chi l’ha buttata sul ridicolo, definendola “Braciolata”, la passeggiata “Motivazionale” sui carboni ardenti che giorni fa ha spedito 9 agenti immobiliari di uno dei più importanti gruppi italiani del settore in ospedale. La prognosi per gli ustionati 10 giorni circa.
Si trattava dei uno dei tanti corsi motivazionali per venditori e manager richiesti dalle aziende per Migliorare le prestazioni dei dipendenti sul piano degli “obiettivi aziendali”.
Il corso, chiamato FIREWALKING è una prova fisica destinata a far “sperimentare dal vivo la capacità di ottenere risultati andando…oltre!”, per raggiungere nuovi ed ambiziosi obiettivi, che sono poi il fatturato dell’azienda. Questo si legge su un sito di uno dei coach “più richiesti del momento”, e sempre dallo stesso sito si esalta con molta enfasi “uno dei più grandi sogni dell’essere umano è diventare un leader”.
Dietro a tutto ciò c’è un contesto, un modo di concepire il lavoro, di realizzare (nei fatti) il rapporto individuo-azienda che incidono profondamente sulla percezione di sé e sull’esistenza stessa degli individui, umanamente e professionalmente, e incidono in termini, del tutto antitetici, di fragilità, incertezza, vulnerabilità.
Di tale contesto bisogna probabilmente tener conto per valutare sino in fondo il senso stesso di corsi di formazione del genere, dove il confine tra arbitrarietà e necessità formativa risulti a dir poco opinabile. Se dunque giustapponiamo il tono e i termini del linguaggio “motivazionale” alla precarietà lavorativa ed esistenziale che scontiamo ogni giorno, non possiamo non cogliere qualcosa di aberrante e di cinico in questa vicenda e nelle “ragioni” che dovrebbero spiegare il senso e l’efficacia di questo genere di prove del fuoco. C’è una sorta di ironia nera in quei toni e in quei termini dove i successi dell’azienda sono presentati come un tutt’uno con la capacità del suo “potenziale umano” di “superare i limiti”, “vincere le paure” (limiti e paure sempre assolute, mai circostanziate), “raggiungere le condizioni psico-fisiche ideali per prestazioni al massimo livello”, come se le paure e il senso dei propri limiti, oggi più che mai, non derivino piuttosto dalla natura stessa del lavoro, o meglio, delle prestazioni di volta in volta richieste, dove le uniche garanzie sembrano appunto l’incertezza più perniciosa, l’imprevedibilità delle scelte aziendali al limite dell’arbitrio, nonché la crescente insindacabilità di tali scelte… come se oggi, insomma, paradossalmente non sia proprio il lavoro, in fin dei conti, a far paura: il lavoro senza certezze, senza professionalità, senza esperienza, senza continuità nel tempo.
Tutte cose che in passato contribuivano a definire il lavoro umano e identitario del lavoro stesso, quello per cui si poteva affrontare senza paura il futuro e con un senso di autostima il presente.
E’ proprio una tale circostanza (sarebbe meglio dire ipocrisia) che allunga un’ombra sinistra su questa quasi-commedia o quasi-tragedia dove viene da rispecchiarsi, immaginandosi come TANTI FANTOZZI a gambe e a piedi nudi proni dinanzi a una volontà che oggi spesso non ha neanche un volto, ma che ogni giorno mette alla prova non le nostre conoscenze, la nostra professionalità o lealtà, ma la nostra reattività ed emotività, la tenuta dei nostri nervi. Nonché la nostra disponibilità incondizionata e irriflessa ad accettare quel che viene, carboni ardenti reali o metaforici, come se fosse nell’ordine stesso delle cose, o delle “congiunture”, e non frutto anche di scelte precise o improvvide (mai che si parli di discutibili responsabilità aziendali di cui rendere conto) che passano sulle nostre teste al di là del nostro carattere e di quei limiti emotivi o psicologici che implicitamente ci vengono addebitati tout-court come limiti professionali.
Mentre il nostro vero limite, spesso, consiste proprio nell’impossibilità (per debolezza contrattuale, per mentalità acquisita o indotta) di esercitare il benché minimo diritto di critica o anche solo di giudizio, con la debolezza ulteriore di chi non ha neanche la forza del mitico Rag. FANTOZZI che, con sua moglie, può almeno permettersi di vantarsi:” Perché io Pina, sono indistruttibile e sai perché? Perché sono il più grande perditore di tutti i tempi”.
E invece oggi, in sintonia con l’odierno ordine dei valori in cui tutto è misurato in termini di affermazione sociale ed economica dove spesso la spregiudicatezza vale doppio, “la manualistica popolare è piena di ricette per il successo, ma non dice molto su come affrontare un fallimento”. Lo constata il sociologo Richard Sennett. Eppure a ben guardare di fallimenti è lastricata la storia di molte aziende così come la realtà del rapporto tra una quantità crescente di individui e il lavoro, un lavoro che spesso tende a diventare metro di giudizio di un’intera vita. Allora forse bisognerebbe cominciare dalla valutazione del senso e della portata di quei fallimenti. Bisognerebbe riappropriarsi di un linguaggio capace di nominare il lavoro a partire dalla realtà del lavoro, non in base ad alchimie motivazionali in cui non sembra contemplata la possibilità che qualcuno si alzi in piedi e dica:
“ Per me… A..E… è una cagata pazzesca!”
"Non mi aspettate. Prendersi cura dei bambini per merenda e compiti a casa. "Così Daniel, 45 anni, sposato con due figli, ha detto addio alla moglie prima di andare a lavorare, a suicidarsi. Heritage Financial Advisor in una succursale di BNP PARIBAS Villefranche-de-Rouergue in Aveyron, finì i suoi giorni a fine gennaio anche all'interno dell'agenzia. I suoi colleghi hanno trovato il suo corpo Lunedi 21 gennaio in occasione dell'apertura dell'agenzia.
RispondiEliminaPochi giorni prima, ha avuto un incontro con il management che era andato storto. Secondo la moglie e la CGT, sarebbe stato criticato per non aver raggiunto il suo obiettivo di vendita di prodotti finanziari. "Lui conosce i suoi clienti. Ha detto che sarebbe stata 'truffata' "la moglie ha detto a France Info sui prodotti finanziari erano stati incaricati di vendere. La direzione aveva discusso del trasferimento, secondo la CGT. La moglie del dipendente presentato una denuncia contro X, e porterà civile.
"Non vedo futuro"
Ha lasciato due lettere alla moglie. Uno per sé e una per i suoi figli. E un terzo scoperto dalla polizia sotto la tastiera del computer per la sua leadership: "Ho amato il mio lavoro e so nient'altro. Non vedo alcun futuro. Ho sempre rispettato i miei clienti cercando di rimanere il più onesto con loro. In questo modo almeno non possiamo far nulla da rimproverarmi ".
La direzione dice "scioccato e rattristato" e dice "fare ogni sforzo per cercare di capire" e "cooperano nei procedimenti in corso".
Il segretario generale della CGT bancario e assicurativo, Patrick Lichaud, ha denunciato "i dipendenti del settore pressioni sempre più forti. E 'che le banche hanno una maggiore redditività sempre più importante. Il sindacato ritiene che "tutta la verità deve essere fatta sulle cause di morte in modo che tali incidenti non si ripetano".