In un mondo dove la regola è uniformarsi, appiattirsi, seguire la corrente, noi provassimo a differenziarci?
Ho letto un interessante articolo sulla Rupubblica del 6 dicembre 2008 (ho l’abitudine di mettere da parte de gli articoli per poi leggerli con calma, magari molto tempo dopo) e secondo me ci sono degli spunti degni di nota che proverò a riassumervi. La conclusione di questo articolo è che il cliente affezionato è un costo, ed è meglio favorire il ricambio alzando delle barriere. La mia invece, di conclusione è esattamente l’opposto. “Il valore della diversità”.
Secondo una recente filosofia del MARKETING ANAFFETTIVO il cliente è come uno yogurt, è buono quando è fresco, ma dopo un po’ scade, e tenerlo in frigo è pura perdita. Ha un “ciclo di vita” durante il quale lo si può spremere, poi lo si molla volentieri. Come? Basta non rispondergli.
E’ in atto un’autentica cultura del disservizio organizzato e premeditato; è alla sudditanza del cliente che molte aziende sembrano puntare come obiettivo strategico. Un’asimmetria che sembra copiata pari pari dal vecchio rapporto tra cittadino e burocrazia statale.
Secondo questa strategia, il cliente affezionato è un costo. Pretende attenzioni speciali, è troppo pratico dei canali di accesso al fornitore e le usa troppo spesso. Ma nel mondo delle merci usa-e-getta l’assistenza è in via di sparizione. Quindi il servizio post-vendita va ostacolato più che si può.
Lunghe attese, spesso a pagamento (si diradano i numeri verdi), dirottamento su binari morti, call-center scostanti non sono sempre inefficienze, possono essere deliberate strategie. Reclutare clienti conta più che mantenerli.
Ti telefonano a casa a qualsiasi ora, sirene dalle vocine melliflue, ma appena hai detto si scompaiono dietro un muro di “attenda in linea”, di “digiti tre” di “richiami più tardi”, voci sintetiche senza orecchie. Dai siti internet scompaiono i numeri di telefono e gli indirizzi. E anche quando riesci a parlare con la signorina “BuongiornosonoSilvia, comepossoaiutarla?” la meta è ancora lontana. “Le passo l’ufficio interessato”. Ecco, per il 74% dei clienti mondiali la goccia che fa traboccare il vaso è proprio questa: dover ripetere il proprio problema tre, quattro, dieci volte a operatori sempre diversi finchè non cade la linea e bisogna ricominciare daccapo.
Oppure no. Perché i clienti stufi si S-CLIENTANO.
Con una frequenza inedita in questi ultimi anni. Il 59% degli intervistati hanno abbandonato almeno uno dei loro fornitori nel corso dell’ultimo anno. In Italia, la rabbia del cliente maltrattato sale a livelli mai visti: l’indice di soddisfazione elaborato dal Cfmt (osservatorio di Confcommercio e Manageritalia) è crollato in tre anni dal 70,4 al 63,8%, “una notizia da prima pagina” per il sociologo Giampaolo Fabris: “E’ lo specchio di un mercato che ha rinunciato alla competizione per la qualità e gioca tutto sulla miope concorrenza dei prezzi”. Miope perché anche il cliente che abbocca all’offerta conveniente poi pretende qualità, e la sua frustrazione è un boomerang . “E’ un paradosso” aggiunge Fabris, “si riempiono convegni di Marketing relazionale, di human satisfaction, e poi ci si nega perfino al contatto con il cliente”.
Sotto i venti della crisi economica globale, le forbici calano sempre più duramente sulla cortesia e sulla disponibilità. E’ suonata l’ultima ora di una parola nobile.
Il primo comandamento “Il cliente ha sempre ragione” compie cent’anni (lo inventarono nel 1908 Harry Gordon Selfridge, padre dei supermercati britannici, e César Ritz, patriarca degli alberghi di lusso. Tentarono di smentire Marx: il capitalismo non prevede solo rapporti fra merci, ma anche tra esseri umani. Si è utenti o consumatori di qualcosa (una merce, un servizio) ma si può essere clienti solo di qualcuno. Nel rapporto di clientela c’è quel sovrappiù di cortese gratuità che nobilita lo scambio, c’è il “soprammercato” che costituisce quel capitale immateriale (ma ugualmente redditizio) che si chiama reputazione.
Interessa ancora a qualcuno, la reputazione?
Un po’ di percentuali. Quanti sono nel mondo i clienti che …
… hanno più pretese di cinque anni fa 52%
… che si aspettano di essere trattati meglio degli altri perché affezionati 45%
… descrivono il rapporto con il fornitore “scarso” o “terribile 41%
… lo ritengono eccellente 5%
… dichiarano di ricevere sempre risposte adeguate dal fornitore 3%
…hanno cambiato fornitore nell’ultimo anno perché insoddisfatti 59%
… non sopportano di ripetere più volte la stessa richiesta di assistenza 74%
…trovano insopportabili le attese al telefono per assistenza 74%
L’articolo che vi ho riportato l’ho “capovolto”, nel senso che leggendolo nella sua struttura originale, alla fine dell’articolo si ha la sensazione che sia “giusto così”. Con questa mia piccola operazione credo di avervi dato la sensazione opposta. Le cose stanno andando così, ma “non è giusto così”. Lo stesso articolo può portare a conclusioni diverse a seconda di come lo si legge. Usare la propria testa, non fermarci al messaggio che vogliono farci passare.
Oggi si vive di sondaggi e persuasione occulta. Impariamo dal nostro caro presidente. Sondaggio: qual’ è la tassa più odiosa? L’ ICI? Via l’ICI, e giù consensi! Oppure: Creiamo una paura e poi rassicuriamo, tipo: “un rumeno ha violentato la figlia del Rag. Fantozzi!!! Scippata la Sig.na Carlo!!! (non potrà più dare borzettate)... E via con le RONDE, il reato di immigrazione clandestina… e giù consensi!!!
Nel mondo dei sondaggi e della persuasione occulta, fare tesoro delle percentuali di cui sopra, organizzare una bella campagna pubblicitaria dicendo che Findomestic è “diversa”,assecondando i bisogni dei clienti senza manipolarli, instaurare un buon servizio post-vendita, ricollocando quelle eccedenze e utilizzare la mobilità funzionale sarebbe un buon investimento in un momento di crisi globale, dove cercare nuovi clienti è sempre più difficile, cercando di recuperare quote di mercato a scapito della concorrenza. E’ notizia di questi giorni che Agos è entrata nell’ultima roccaforte di Findomestic: Media World (dopo averci già estromesso da Unieuro). Agos sta “investendo”. Sarebbe bello che sempre più clienti alla proposta del venditore di un finanziamento dicessero: “Santanchè? Agos? Ma quale Agos, non avete Findomestic?"
Blog Notes for president!!!!
RispondiEliminaa me piacerebbe da mmmmmmmatti (...con 10 emme proprio come si dice a Firenze) che entrando in un noto negozio di divani, mi trovassi proprio lei a servire: Sabrina Ferilli!
RispondiEliminaE tra lo stupore e l'imbarazzo di scoprire che lei mi sta accogliendo e accompagnando sul divano (pardòn: sofà...) mi piacerebbe sentire (con voce melliflua e sensuale): "...aho beato chiiii sooooo faaaaa er sofaaaaaaaaa"!
Ed io sarei BEATO!!!!
Questo, proprio questo farebbe di me un cliente soddisfatto!!!!!!
......
(pubblicità: anima del commercio)
(gnocca: anima della pubblicità)
(commercio: anima della gnocca)
Aho: me sà che sto a ffà er gioco deeee tre carte.......
(alla Ferilli a parlà romanaccio funziona....)
ma sarà vero?
p.s.= il giochetto del cliente "usa e getta" funziona solo per i bond "sola" o per i derivati o per le sole di investimento in genere....nel senso che una volta solati i clienti nn possono nemmeno rivolgersi altrove: tutto bruciato!!!
ma poi pubblicità, gnocca, commercio e anima, sillogismi a parte...te lo compreresti er sofaaaaaaaa mellifluo oppure no?
RispondiEliminame lo comprerei??????
RispondiEliminaCOMPRATO!!!!!
divanoletto....anzi:
SOFA'LETTO
comprato.
credetemi!!!!!
beige chiaro.....
chi mi conosce sà che dico il vero.