sabato 28 luglio 2012

UN ARTICOLO DI ROBERTO SAVIANO

Vorrei condividere con voi un articolo di Roberto Saviano pubblicato ieri.
Per chi avesse perso la notizia, la premessa allo scritto che commenta alcune dichiarazioni di Marina Berlusconi, è la sua convocazione al Tribunale di Palermo, come persona informata dei fatti, in quanto contitolare con il padre di uno dei conti correnti dai quali Silvio ha bonificato 40 milioni di euro, nell'arco di un decennio, a Marcello Dell'Utri a titolo di prestito infruttifero.
Non voglio commentare l'inchiesta, piuttosto sottolineare quanto scritto da Saviano.
Mi sembra che stigmatizzi in modo pressoché perfetto il comportamento di un certo tipo di classe dirigente italiana che pretende di imporre la propria volontà, il proprio stile di vita senza minimamente considerare che una vita sociale impone prima di tutto il rispetto degli altri.
A voi la lettura.
                                                                             

LA CITTADINA BERLUSCONI

RO­BER­TO SA­VIA­NO
UNA per­so­na in­for­ma­ta sui fat­ti con­vo­ca­ta dal­l’au­to­ri­tà giu­di­zia­ria è te­nu­ta a pre­sen­tar­si. Ma­ri­na Ber­lu­sco­ni, ci­ta­ta dal tri­bu­na­le di Pa­ler­mo era te­nu­ta a fa­re la sua de­po­si­zio­ne sen­za ag­giun­ge­re al­tro.
Per lei e la sua fa­mi­glia, an­che se in estre­mo ri­tar­do, è giun­to il mo­men­to di ri­spet­ta­re le isti­tu­zio­ni. Ma la sua fa­mi­glia pre­ten­de dal­l’am­mi­ni­stra­zio­ne del­la giu­sti­zia quel ri­spet­to che mai ha vo­lu­to dar­le. Pre­ten­de da­gli or­ga­ni di in­for­ma­zio­ne ciò che mai ha vo­lu­to ri­co­no­sce­re agli av­ver­sa­ri po­li­ti­ci: il ri­spet­to del­la per­so­na, il ri­spet­to del­le idee. La sua fa­mi­glia si è fat­ta “Isti­tu­zio­ne” es­sa stes­sa, guar­dan­do più che a Oc­ci­den­te al­l’O­rien­te de­gli ami­ci di fa­mi­glia: Pu­tin, Lu­kašen­ko e Ghed­da­fi. Lei di­chia­ra che la pro­cu­ra di Pa­ler­mo l’ha con­vo­ca­ta per ave­re no­ti­zie su un con­to coin­te­sta­to del qua­le non ri­cor­da­va nul­la, che non ha mai uti­liz­za­to. Im­ma­gi­no sap­pia che per mol­to me­no eser­ci­ti di sche­ra­ni han­no dif­fa­ma­to, me­dia­ti­ca­men­te mas­sa­cra­to, sbat­tu­to in pri­ma pa­gi­na per­so­ne la cui uni­ca ve­ra col­pa era es­se­re en­tra­ti in con­flit­to con suo pa­dre.
Lei che at­tra­ver­so gli or­ga­ni di in­for­ma­zio­ne del­la sua fa­mi­glia con­tri­bui­sce a crea­re un qua­dro ine­si­sten­te del­la real­tà, lei che con il suo ap­proc­cio fa­mi­li­sti­co ha fat­to del­la co­mu­ni­ca­zio­ne edi­to­ria­le una esten­sio­ne del­le stan­ze di ca­sa sua; lei chie­de ri­spet­to per sé non co­me per­so­na, ma in quan­to “Isti­tu­zio­ne”. Per il so­lo fat­to di es­se­re la fi­glia di Sil­vio Ber­lu­sco­ni. Il cit­ta­di­no, con­vo­ca­to a com­pa­ri­re in­nan­zi al­l’au­to­ri­tà giu­di­zia­ria, si pre­sen­ta sen­za di­scu­te­re e do­vreb­be far­lo so­prat­tut­to se è la fi­glia “di un cit­ta­di­no più ugua­le de­gli al­tri”.
Ep­pu­re lei si la­men­ta per il trat­ta­men­to che ha avu­to dal­la stam­pa, co­sa sin­go­la­re per un edi­to­re. Lei fa co­mu­ni­ca­zio­ne o me­glio fa fa­re co­mu­ni­ca­zio­ne. Stu­pi­sce il suo ri­sen­ti­men­to. Stu­pi­sce per­ché so­no an­ni che la co­mu­ni­ca­zio­ne dei gior­na­li di fa­mi­glia si af­fi­da a ti­to­la­zio­ni vio­len­te vol­te a ter­ro­riz­za­re i ne­mi­ci con sto­rie pri­va­te per ag­gre­di­re chiun­que sia con­tro suo pa­dre. Si po­treb­be fa­re un elen­co in­fi­ni­to di tut­te le vol­te che i ne­mi­ci di suo pa­dre­so­no sta­ti scre­di­ta­ti dal­la ga­las­sia me­dia­ti­ca che a lui fa ca­po. No­ti­zie in­fon­da­te, det­ta­gli fal­si, rac­col­te di fir­me con­tro chi rac­con­ta­va qual­co­sa che da­va fa­sti­dio al go­ver­no in ca­ri­ca. Lei si la­men­ta di qual­co­sa che ha for­te­men­te con­tri­bui­to a crea­re e da edi­to­re do­vreb­be sa­pe­re che il di­se­gno del­la co­mu­ni­ca­zio­ne, lo sti­le, la qua­li­tà, si co­strui­sce quo­ti­dia­na­men­te con il pro­prio la­vo­ro o quel ri­spet­to che ora pre­ten­de va­le so­lo per sé?
Pro­vi a im­ma­gi­na­re, si­gno­ra Ber­lu­sco­ni, co­me si so­no sen­ti­te le cen­ti­na­ia di per­so­ne “at­ten­zio­na­te” an­che dai suoi di­pen­den­ti, al­la ri­cer­ca di par­ti­co­la­ri che po­tes­se­ro scre­di­tar­le agli oc­chi del­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca, di scat­ti fo­to­gra­fi­ci che di­mo­stras­se­ro quan­to be­nes­se­re vi fos­se nel­le vi­te dei “ne­mi­ci”. Non cer­to per di­mo­stra­re che die­tro quel be­nes­se­re vi fos­se al­l’o­ri­gi­ne un cri­mi­ne, ma per far pas­sa­re l’i­dea che il gua­da­gno, il la­vo­ro re­tri­bui­to sia es­so stes­so un cri­mi­ne. Nel­l’o­biet­ti­vo del suo grup­po, sem­pre e so­lo l’in­ten­zio­ne di co­mu­ni­ca­re la sot­ti­le “ve­ri­tà” del­la co­mu­ne spor­ci­zia. Pen­si al giu­di­ce Me­sia­no e a quan­to gli sia­no co­sta­ti un ta­glio di ca­pel­li e quei cal­zi­ni tur­che­si. E poi la pa­ro­la ma­fia, che giu­sta­men­te le dà i bri­vi­di, po­te­va for­se me­ri­ta­re al­tret­tan­ta at­ten­zio­ne quan­do suo pa­dre dis­se che la ma­fia era un pro­ble­ma crea­to da chi ne par­la­va. Che sa­reb­be sta­to op­por­tu­no iro­ni­ca­men­te “stroz­za­re” chi scri­ve­va li­bri di ma­fia per­ché dif­fa­ma­va il no­stro Pae­se. Ec­co, se si è sen­ti­ta ag­gre­di­ta de­ci­da di da­re una di­re­zio­ne di­ver­sa al suo la­vo­ro, mo­stri di com­pren­de­re la dif­fe­ren­za che esi­ste tra estor­sio­ne e in­chie­sta, tra au­to­re­vo­lez­za di una ri­fles­sio­ne e gos­sip, tra ipo­te­si e mi­nac­cia. Del re­sto, no­no­stan­te l’im­pe­gno a sgre­to­lar­lo, l’ar­ti­co­lo 3 del­la Co­sti­tu­zio­ne esi­ste an­co­ra, po­che ri­ghe di fa­ci­le let­tu­ra e in­ter­pre­ta­zio­ne. E sta lì a dir­ci che ogni cit­ta­di­no è ugua­le di­nan­zi al­la leg­ge: ri­spet­ti quin­di la leg­ge, cit­ta­di­na Ber­lu­sco­ni, co­me tut­ti.

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