venerdì 3 aprile 2015

Strasburgo frena sull'uso della tecnologia per monitorare i dipendenti

TRASBURGO - Il Jobs Act apre le porte all'uso delle nuove tecnologie per il controllo a distanza dei lavoratori, ma dal Consiglio d'Europa arriva l'altolà con un esplicito divieto ai datori di lavoro di 'spiare' i dipendenti.

E questo non è l'unico limite che le aziende devono rispettare per non interferire nella vita privata di chi lavora per loro. A fissare i paletti entro cui è lecito agire è una raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, che mira a proteggere la privacy dei lavoratori di fronte ai progressi tecnologici che permettono ai datori di lavoro di raccogliere e conservare ogni tipo di informazione.

Il testo, pur non avendo valore vincolante, può essere usato davanti ai tribunali nazionali, e poi eventualmente alla Corte di Strasburgo, da chi ritenga violata la sua privacy. Quindi, oltre ad essere una raccomandazione a governi e parlamenti a legiferare in tal senso, è anche una sorta di vademecum che i lavoratori possono utilizzare per far rispettare i loro diritti.

La raccomandazione impone limiti ferrei su qualsiasi tipo di controllo operato nei confronti dei dipendenti, ma anche sulla raccolta e l'utilizzo di tutti i loro dati personali. Viene cosi stabilito che ai datori di lavoro è vietato usare qualsiasi tecnologia al solo scopo di controllare le attività e i comportamenti dei dipendenti, ma soprattutto che nel caso si renda necessario utilizzare telecamere, o altri sistemi di sorveglianza, questi non dovranno mai essere posizionati in zone dove normalmente i dipendenti non lavorano, come spogliatoi, aree ricreative, o mense.

Ad essere off limits sono anche tutte le comunicazioni 'private' dei dipendenti. Mentre l'accesso a quelle professionali, per esempio una mail a un collega, è consentito solo se il lavoratore è stato informato che questo può accadere, e unicamente se l'accesso è necessario per motivi di sicurezza, o, per esempio, per garantire che un lavoro venga terminato. Il lavoratore ha poi il diritto di sapere quali dati il 'padrone' sta raccogliendo su di lui e perché, e ha anche il diritto di visionarli, di chiederne la correzione, e addirittura la cancellazione. Nella raccomandazione vengono elencate anche tutte le informazioni che un datore di lavoro non può chiedere al dipendente o a chi vuole assumere, e i limiti che deve rispettare nel comunicare, anche all'interno della stessa azienda, i dati raccolti.

da: La Repubblica 03/04/15 

1 commento:

  1. A me sembra che il mantra "lo vuole l'Europa..." sia uno strumento utilizzato scientemente per portare avanti un disegno ben preciso che attacca il lavoro in tutte le sue forme. In questo caso la normativa europea è più garantista, ma il nostro attuale governo si dimostra una volta di più al servizio di Confindustria e di una classe imprenditoriale che invece di innovare ed investire è costantemente ossessionata dal contenimento dei costi e della compressione dei diritti di noi lavoratori.
    Sempre l'Europa in questi giorni ci chiede di alleggerire la tassazione sul lavoro invece di togliere la tassa sulla prima casa per tutti, ma vedo che nessuno fa una mossa...così è da anni sul Reato di Tortura, ma anche lì la classe politica è stata finora sorda ai richiami dell'Europa e dire che nel nostro paese qualche anno fa abbiamo vissuto la Diaz e Bolzaneto!!!!! Orrore
    Bentornato blogger

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